LA MADONNA DI CARAVAGGIO
ORIGINARIO SIMULACRO
che si venera
nella Cappella di ROBAIONE in Comune di Cusago
Notizie raccolte ed esposte per cura del Sacerdote D.G.Z. -
Milano - 1904

Nel modesto Oratorio annesso alla Cascina Robaione in territorio di Cusago, a tutt’oggi sotto la giurisdizione ecclesiastica della Parrocchia di Bestazzo, fino dall’anno 1656 era custodito, e dai pochi contadini ivi succedentesi, anche venerato un simulacro della Beata Vergine di Caravaggio, del quale nessuno aveva mai pensato a rintracciarne la provenienza.

Chi avrebbe dovuto pensarvi sarebbe stato qualcuno dei diversi proprietari di quel poderetto, succedentesi l’un l’altro a brevi intervalli, ma tutti più che a lodevolmente coltivarlo, pensarono a sfruttarlo, perché non solo l’Oratorio ma le terre, le abitazioni dei contadini, e i ricoveri del bestiame, tutto era stato negletto e lasciato cadere in uno stato sì deplorevole da rendere illusorio anche il beneficio della coltivazione.

Ma viene in buon punto l’energia illuminata e benefica della Signora Irene Pirovano, assistita dal marito Ingegnere Luigi Tarantola, la quale ne fece l’acquisto nell’anno 1879.

Essa appena entrata in possesso, oltre alla saggia coltivazione del terreno, con pensiero veramente umanitario, diede subito mano, con rilevante dispendio, a sostituire decenti e salubri abitazioni ai luridi e pericolanti abituri o tugurii che servivano appena di gramo ricovero ai poveri contadini, sicché oggidì quel poderetto, non solo per una meglio intesa coltivazione e corrispondenti prodotti ma, e più specialmente, per la pulitezza salubrità e decoro delle case coloniche, potrebbe nei dintorni essere additato a modello.

Rimaneva, a compimento dell’opera, da togliere l’Oratorio dall’uso sconveniente cui era ridotto, per scarsità di locali, cioè di ripostiglio di attrezzi rurali, e dargli un assetto più conforme a luogo di preghiera.

Se però tale opera di assetto rimase ultima, sia detto ad onore del vero, ciò fu perché la proprietaria, i omaggio a certa malsana modernità, si dimostrasse aliena dal riconoscere quanto bene apporti alla vita del povero contadino la coltivazione del sentimento religioso, ma sibbene perché le parve, ed era infatti, miglior consiglio il provvedere dapprima a ciò che di maggiore urgenza reclamava le di lei cure.

Venuta pertanto l’ora di dar mano ai restauri dell’Oratorio, se intenzione della pia proprietaria era quella di riordinarlo a sufficiente decoro per un piccolo Cascinale, ecco che una fortunata confortante scoperta venne a ringagliardirne la pietà, e far maturare il pensiero di una riattamento più solenne, visto che diffondendosi nelle vicinanze, la buona novella dell’avvenuta scoperta, potrebbe fra breve quest’umile Oratorio, divenir meta di più frequente concorso e di devoti pellegrinaggi anche da paesi circonvicini, meritandosi il nome di Santuario (sacellum). - Ma prima, ad istruzione del lettore ci sia permessa un po' di storia della apparizione della B.V. di Caravaggio.

Apparizione della B.V. di Caravaggio.

Verso l’anno 1400 nasceva in Caravaggio una pia contadina, a nome Giannetta Vacchi, la quale fino da ragazza dimostrava carattere tendente alla pietà, e, maritate contro sua voglia, a certo Francesco Varoli, ne dovette subire la prepotente tirannia, parole ingiuriose, rabbuffi e persino percosse, che la poverella sopportava con cristiana rassegnazione. Anzi quel perverso uomo, nel pomeriggio del giorno 26 maggio 1432 dopo aver infierito contro di essa, aizzato da’ compagni di bettola, le impose di andare a falciare l’erba in un campicello, (a più d’un miglio dall’abitato) da lui condotto in affitto, intanto ch’egli avrebbe passato il tempo gozzovigliando tra le licenze dell’Osteria. Obbediva la poverina, recandosi fino al campicello, e lavorovvi falciando il quantitativo voluto dal marito, ma poi esausta di forze e scorgendo che non v’era il tempo di fare due viaggi, sendo prossimo l’imbrunire, e per un solo viaggio non le reggevano le forze per l’eccessivo carico, affranta cadde ginocchioni, e si diede, in quella solitudine, ad invocare ad alta voce la Santissima Vergine, indi rovesciata su un fianco rimase svenuta. In quello stato di pur consapevole assopimento, essa ebbe la visione della B.V. Maria, davanti a sé, circondata da luce vivissima e da bianchi vapori. - Oh! Madonna Santissima! - esclamò la Giannetta attonita e stupita, cui la B.V. rispose: <Sì, quella io sono, la fede tua spinse la tua preghiera fino a me, e per mia intercessione ti sono destinate dal mio Divin Figlio le sempiterne gioie del Cielo. - Rilevati della persona, fatti coraggio, completa il tuo lavoro e recati a casa, dove tuo marito, io te lo assicuro, ti riceverà con deferenza e riguardi. Abbi fede in me, protettrice dei derelitti, e riferisci ai tuoi conoscenti che io leggo nella mente di coloro che mi invocano fidenti, e che io sarò sempre per addolcire dolori morali e corporei a coloro che nutrono inconcussa fede nella Cristiana Religione e ne osservano le sante leggi>.

Ciò detto benedisse Giannetta e sparve. - Per la povera donna quella visione produsse il miracolo di farle vivamente rifluire il sangue nelle vene, essa sentissi rinvigorire le forze, e rialzatasi diè mano al lavoro, e, come fosse lieve cosa, portossi a casa l’intero carico d’erba, con passo celere e franco, anche perché ansiosa di raccontare quanto aveva veduto ed udito. Le venne incontro il marito, cosa insolita, il quale mutato di linguaggio la ricevette amorevolmente togliendole il carico dalle spalle.

Meravigliate le compaesane in vedere Giannetta non più depressa e sofferente, ma di spirito sollevato e di apparenza ringiovanita, furono prese da maggiore ammirazione e curiosità al sentire il miracoloso racconto, e siccome imbruniva, decisero di recarsi l’indomani ai primi albori a riconoscere la località della miracolosa apparizione. - Guidati da Giannetta, uomini e donne videro la località, sentirono ripetutamente la dettagliata narrazione, e se a parecchie pie donne parve di riconoscere, nell’umida sabbia fiancheggiante il rigagnolo che sgorga creato da vicinissima sorgente, le impressioni de’ piedi della B.V., tutti però furono concordi nell’ammirare invece una pianticella, alta circa due braccia, con foglie e fiori, sorgente nel bel mezzo del rigagnolo e davanti al luogo ov’era caduta accosciata la Giannetta, e che tanto costei quanto i contadini lavoranti terreni contigui dichiararono di non aver mai visto per l’innanzi, cosa facile a dar nell’occhio per la posizione eccezionale, epperò tutte le persone accorse hanno ad alta voce acclamato al miracolo.

Fu la ingenuità, la schiettezza di Giannetta che improntava il suo racconto a non dubbia verità? Fu la presenza del prodigioso virgulto cresciuto d’un tratto in posizione non affatto naturale? Fatto sta ed è che fin da quei primi giorni in tutto il popolo ivi accorso era inconcussa la fede nel miracolo dell’apparizione, sicché quel luogo divenne subito oggetto di venerazione, e quella fonte non fu più solo sorgente d’acqua, ma fonte di grazie e di prodigi ottenuti per la intercessione di Maria.

Conseguenza naturale di tutto questo si fu che la notizia di tale prodigio non poteva tenersi ristretta fra i terrazzani di Caravaggio, ma rapidamente divulgatasi si videro accorrere da lontane provincie schiere numerose di fedeli, che, ricchi di pietà e di devozione venivano a venerare quel luogo santificato dalla presenza di Maria, venivano ad invocar grazia e implorar salute, bevendo di quell’acqua che aveva lambito i piedi di Maria Santissima quando apparve a Giannetta. E tali e tante e sì straordinarie eran le grazie che si ottenevano sì per l’anima che per il corpo, che, giunta la notizia a Milano, il Duca Filippo Maria Visconti, in allora potentissimo signore di dette Città, e di tutto il contado milanese, scrisse subito a certo Marco Secco, suo governatore residente in Caravaggio, perché gli inviasse la pia Giannetta onde sentire dal di lei labbro le particolarità del prodigioso avvenimento. - Riluttante sulle prime Giannetta ma incuorata dalla Madonna ch’ella disse apparsale in sogno, si mosse accompagnata da nobile corteo, e venne accolta con grande onore alla Corte Ducale, ove riferì tutto quanto seppe ricordare e le grazie ottenute, sicché partissene dal Duca colma di doni offerti per la creazione di un Santuario a ricordo del prodigio.

La fama si estese anche all’estero e giunse perfino alle rive del Bosforo, all’orecchio dell’Imperatore d’Oriente Giovanni III Paleologo (penultimo Regnante 1425-1448) [1]il quale pregò il Duca di Milano di inviargli Giannetta a Costantinopoli, e questa, andovvi accompagnata da cospicui personaggi, e narrò al Monarca la visione avuta, e ne ritornò colma di doni che dedicò all’erigendo Santuario.

Della vita di questa povera contadina gli annali diocesani non riferiscono più nulla, ma sta il fatto che dopo quasi cinque secoli tutto il nostro buon popolo ancora la riconosce, la ricorda, e la invoca col glorioso titolo di Beata Giannetta.

Eccoti, caro lettore, come avvenne la origine di quella devozione che prese il nome della Madonna di Caravaggio, e che dopo 470 anni è ancora così viva nel nostro popolo, che ogni anno, non solo nel giorno anniversario dell’apparizione, ma durante tutta l’annata ha sempre luogo a quel Santuario un andare e venire di fedeli per scioglier voti e ricever grazie da Maria. Sicché ben può dirsi che quella fonte, ove tutte vanno a tuffarsi le umane miserie, a cercarne e ad ottenerne refrigerio a sollievo.

Ma qui dirai forse, mio lettore, e chi non sa tutto questo? Chi è che in vita sua non sia già stato a Caravaggio, o non ne abbia progettata in famiglia la escursione, per ammirare il grandioso tempio, o non abbia sentito le grazie straordinarie e i segnalati prodigi che là si ottengono per intercessione di Maria? E in fatti a prima vista cosa c’entra cotesto culto dell’Oratorio di una Cascina che nessuno ha mai sentito a nominare?... Eppure per quanto vado a dirti, o lettore, chi sa  che qualche volta, invece di andare fino a Caravaggio, che è viaggio lungo e un po' costoso, la tua fede non abbia a condurti a questo Oratorio, ad implorare qualche grazia dalla Madonna, e fors’anco ad ottenerla?...

Il Santuario di Caravaggio.

Come già dissi di sopra, divulgatosi appena il fatto dell’apparizione miracolosa della Vergine alla contadina Giannetta, subito manifestossi nel popolo vicino e lontano tale uno slancio di devozione a quel sacro luogo, che migliaia i fedeli vi accorrevano a venerarlo e ad implorarlo grazie alla Madonna, sicché ad evitare confusione e disordini fu necessario scegliere alcune persone di maggior considerazione, o, come si direbbe oggi, nominare una commissione che regolasse l’andare e il venire de’ divoti pellegrini, e insieme amministrasse le copiose offerte, che naturalmente i fedeli vi lasciavano a testimoniare la loro gratitudine per le grazie e pei benefici ricevuti. Si fu appunto col mezzo di queste offerte che si poté in pochi mesi costruire sul luogo stesso dell’apparizione un Santuario di modeste proporzioni ma ricco assai di ornamenti e di doni, e là su quell’altare, per ricordare sensibilmente ai fedeli la miracolosa apparizione, vennero collocate due statue scolpite in legno, ad un terzo dal vero, e finamente lavorate, rappresentanti la Vergine Santissima e la Beata Giannetta genuflessa ai suoi piedi.

Era piccolo, era modesto quel Santuario, ma chi potrà dire le centinaia di migliaia di fedeli che vennero a sciogliere i loro voti alla Vergine, a presentar le loro suppliche davanti a quell’immagine venerata riportandone grazie e favori? E non era solamente gente di popolo ma e Duchi e Principi e Regnanti, come ce lo attestano le storie, e più che le storie i munificentissimi doni, le generose elargizioni onde in breve fu arricchito quel Santuario. Cotali risorse verso l’anno 1575 cioè cento quarantatre anni dopo, incoraggiarono la commissione amministratrice di quel Santuario nell’idea di sostituire al piccolo e già cadente santuario, una Chiesa più degna per cotanto luogo, e ne veniva incaricato l’architetto Pellegrino dé Tibaldi, in allora celeberrimo fra quelli dell’arte sua, il quale vi eresse il sontuoso tempio che tuttora si ammira. Naturalmente quel piccolo Simulacro della Madonna e della Beata Giannetta, proporzionato a quel modesto Santuario, più non si addiceva alla grandiosità del nuovo tempio, motivo per cui esso venne levato e ritirato nella Sagrestia, sostituendo in sua vece la grandiosa statua che ancor oggi si venera nel di Caravaggio.

Ma e quella primiera immagine, e quel prezioso simulacro della Madonna, che per quasi un secolo e mezzo, là in quell’antico Santuario fu oggetto di tanta venerazione, testimonio, e vorrei dire stromento e canale di tante grazie e prodigi, sarà dunque andato negletto? ... Sarà esso caduto in mani profane? ... Non era conveniente che una mano pietosa lo raccogliesse per custodirlo quale prezioso ricordo di religione? ... Eccoti finalmente, caro lettore, quello che ci fa sapere la storia della Cappella di Robaione.

Cappella di Robaione.

Era l’anno 1656 e la famiglia Ceva di origine spagnuola teneva allora questo possesso che si chiamava in allora Arabiona [2]  . Ivi quella famiglia ricca per censo e illustre per coltura letteraria e scientifica di alcuni suoi membri, ma pia e devota, come erano anche i ricchi a quel tempo, aveva fatto costruire un Oratorio in ringraziamento a Dio, per essere stata l’anno precedente liberata la Lombardia dall’invasione dell’esercito francese, il quale assediando Pavia, minacciava di strage e rovine le circostanti provincie, specialmente in odio all’elemento spagnuolo che vi dormiva.

La famiglia Ceva aveva pertanto dedicato questo Oratorio alla Vergine Santissima ed ai Santi tutelari della famiglia stessa S. Antonio di Portogallo, che fu poi di Padova, e Santa Teresa di Spagna, come appare dalla lapide in marmo di Carrara collocata sopra la porta stessa dell’Oratorio.

La iscrizione in ottimo latino è riportata in fine di questo opuscolo, ed in italiano suona come segue: <Infuriando l’invasione francese nello stato di Milano, la famiglia Ceva, paventando per la propria esistenza, implorò la protezione della Beata Vergine, di S. Antonio di Portogallo e di S. Teresa di Spagna. Esaudita ne’ propri voti, dopo l’insperata fuga del nemico dall’assalto di Pavia, affinché non perisse la memoria di cotanto beneficio, cresse questa sacra cella e la dedicò ai prefati suoi patroni  nell’anno di redenzione 1656 >.

Ora ecco che proprio in quell’anno i signori Ceva vennero in cognizione che nella Sagrestia del nuovo Tempio di Caravaggio stava ancora custodito l’antico Simulacro che si venerava nel primitivo Santuario, e che sebbene da molti richiesto, non era stato per anco ceduto ad alcuno, per tema che, cadendo in mani profane, invece che oggetto di venerazione ne facessero oggetto di turpe mercato, cosa possibile in quei tempi. Aperte le trattative per la cessione e per le garanzie circa la destinazione, impegnando tutte le sue influenze, la famiglia Ceva riesciva nell’acquisto di quel religioso Cimelio (mediante il versamento di cospicua somma a favore della fabbrica del nuovo tempio) onde decorarne la propria nuova Cappella e certamente con religiosa solennità veniva da Caravaggio trasportato alla Cascina Arabiona quell’invidiabile simulacro, il quale per la sua importante origine dà diritto all’Oratorio del titolo di Santuario. In apposita nicchia sopra l’unico altare esso veniva deposto, e il vano venne chiuso da cornice ad intaglio dorato sopra fondo di specchio reggente un lastrone di cristallo per difesa.

Una conferma che il suddescritto simulacro è veramente l’originario consiste nel fatto che in tutte le immagini della Apparizione riprodotte e sparse per l’orbe cattolico dopo l’anno 1710 rappresentano la B.V. colla corona regale in capo, perché nell’anno 1708 il Capitolo Vaticano a grande maggioranza decretava che sull’originario Simulacro in Caravaggio, pure scolpito in legno, venisse posta un’aurea corona, la quale nel 29 settembre 1710 veniva collocata da Monsignor Carlo Ottaviano Guaschi, Vescovo di Cremona, mentre il Simulacro originario portava una semplice aureola, come scorgesi infatti in quello ora venerato nell’Oratorio di Robaione. Si è detto a grande maggioranza, il che sottintende che fuvvi una minoranza la quale forse aveva ragione di votare per mantenere la sola aureola simbolo di santità, che non per applicare una corona, simbolo di terrestre Signoria. Ma una conferma che costituisce la certezza, si è la iscrizione latina testé scoperta nel principiare il risultato della Chiesuola, e che testualmente si riporta in fine di questo opuscolo, e che tradotta in italiano vuol dire che < Dal primiero Santuario eretto in Caravaggio, stato poi sostituito da fastoso tempio, il Simulacro della Vergine Santissima apparsa quel madre consolatrice alla contadina Giannetta l’anno del Signore 1432, ambito da molti e con sommo impegno della famiglia Ceva ottenuto, perché sull’altare di questo Santuario venisse supplicato, è stato qui solennemente trasportato l’anno di redenzione 1656>.

Non è a descriversi la soddisfazione che la scoperta di cotanto attestato, risvegliò nella pia proprietaria e nel di lei consorte, i quali oltre al sentimento religioso nutrirono venerazione per tutto ciò che provenendoci da antenati, ci può mettere in relazione colla storia d’altri tempi.

Compresa da tali sentimenti la pietosa donna, mercé l’opera tecnica del marito architetto, ha voluto realizzare il da luogo tempio nudrito desiderio, non solo del restauro di quell’edificio alquanto deperito, ma ben anco del suo completamento colla erezione di un pronao o portichetto con quattro colonne, in istile dell’epoca, dal quale mediante due finestrelle ai lati della porta, fra gl’interpilastri si possa dai fedeli spingere lo sguardo fino al prezioso Simulacro, e dedicandogli le proprie preghiere.

Superiormente a dette finestrelle sono opportunamente murate due lapidi di cui l’una dice: < Inchinatevi, o fedeli, a questa immagine di M.V. Santissima davanti alla quale, in Caravaggio, dal 1432 al 1575 prostraronsi supplichevoli contadini e personaggi illustri> e l’altra espone che <per somma devozione alla Madre del Divin Redentore, Irene Pirovano Tarantola questo Oratorio - Santuario compieva restaurando l’anno 1904>.

L’aggiunta del pronao si rese anche necessaria per supplire alla ristrettezza dell’ambiente destinato ai fedeli, misurante soli metri cinque in quadrato. Interamente l’opera del ristauro richiese la rinnovazione della cornice ad intaglio alla nicchia del Simulacro, perché guasta e tarlata, della verniciatura e parziale doratura delle due statue che lo costituiscono, oltre l’applicazione di balaustra, di cui era privo il vano dell’altare, ed il rinnovamento della porta e pavimenti, in modo degno dell’immagine che l’edificio contiene.

Oltre a quell’immagine esistono quadri di un certo merito, fra quali uno grande con cornice di legno noce ad intaglio, rappresentante la B.V. venerata da S.Antonio da Padova, e Teresa di Spagna.

L’esponente sperando di aver fatto cosa gradita ai devoti della B.V. Maria, col redigere la presente memoria, a complemento dell’opuscolo edito dalla Tipografia Messaggi di Treviglio, anno 1896, sulla Madonna di Caravaggio, (affinché le popolazioni dell’agro milanese e pavese abbiano la nozione della possibilità di venerare, con minor percorrenze di cammino il Simulacro della B.V.) si augura che questa pubblicazione possa, almeno in poca parte, rafforzare nelle popolazioni circostanti la venerazione pella Beata Vergine Maria, nutrendo la viva fiducia, la più ferma convinzione che cotal colto ingentilisce gli animi dei giovani e mantiene quegli degli adulti sulla via del sentimento e della carità, giacché gli è inconcepibile come un credente che professi devozione alla Madre del Redentore possa offendere il prossimo, anche con semplici parole che riescano offensive per coloro cui sono dirette, anche se non presenti.

La B.V. Santissima è per tutti i fedeli cristiani la provvida ispiratrice al benfare, ed al suo Nome potrebbonsi indirizzare gli splendidi versi che il sommo poeta lombardo scriveva nella invocazione allo spirito Santo (la Pentecoste), cioè:

Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso,
Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso,
Manda alle ascose verginal
Le pure gioie ascose,
Consacra delle spose
Il Verecondo Amor!

Tempra di baldi giovani
Il confidente ingegno!
Reggi il Viril proposito
Ad infallibil segno,
Adorna le Canizie
Di liete voglie sante,
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor!

S. G. Z.


ISCRIZIONE ESTERNA SOTTO IL PRONAO

D. O. M.

FVRENTE GALLO ET MEDIOLANENSEM DITIONEM INVADENTE
CEVA FAMIGLIA IN SVMMO RERVM DISCRIMINE.
DEIPARE V. IS  D. D. ANTONII LVSITANI ET THERESIÆ HISPANÆ
TVTELARIVM SVORVM OPEM IMPLORAVIT
AC VOTI COMPOS FACTA
POST INOPINATAM HOSTIS A PAPIENSI OBSIDIONE FVGAM
NE TANTI BENEFICII MEMORIA PERIRET
SACELLVM HOC EXSTRVXIT
IISDEMQVE PATRONIS SVIS DICAVIT
ANNO SALVTIS MDCLVI


 ISCRIZIONE INTERNA NELLA CAPPELLA

A PRISCO SANCTVARIO IN CARAVAGGIO EXTRVCTO
MAGNO TEMPLO POSTEA SVBSTITVTO
QVO DEIPARA VIRGO MARIA SANCTISSIMA
FAMVLÆ JOHANNÆ MATER CONSOLATIONIS PARVIT
ANNO DOMINI MCDXXXII
MIRÆ APPARITIONIS RELIQVVM SIMVLACRVM MVLTIS POSCITVM
AC CEVA FAMIGLIA SVMMA CVRA CONSECVTVM
VT SVPER NVIVS SACELLI ARAM EXORETUR
HIC SOLEMNITV TRANSLATVM FVIT
ANNO SALUTIS MDCLVI


Sua Eminenza
il Cardinale Andrea C. Ferrari
Arcivescovo di Milano
nel giorno 23 luglio 1906
onorava di sua presenza
l’Oratorio - Santuario di Robaione
E recitò davanti l’Altare
il DEPROFUNDIS
a suffragio dell’anima
dell’ottima
GIUSEPPINA TARANTOLA MORANDI
spentasi la vigilia, facendovi coro
 l’intero personale di quelle cascine


La Chisetta-Santuario di Robaione
La Chiesetta - Santuario di Robaione nel 1992, prima di alcuni restauri esterni.


[1] L’impero d’Oriente cessò nel 1453 colla presa di Costantinopoli fatta dai Turchi sotto Maometto II.
[2] Anticamente chiamavasi Robione indi Arabiona poi Robaione, come nelle odierne carte topografiche e catastali, che in bocca di contadini si è corrotto in Robaione.

 

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