3 GENNAIO 1954, NASCITA UFFICIALE DELLA TV ITALIANA

03/01/04

GENNAIO 1954, NASCITA UFFICIALE DELLA TV ITALIANA
Dopo cinquant'anni nasce il digitale terrestre

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APPARATI GELOSO - LA VITA DELL'ING. Giovanni GELOSO

Cinquant’anni fa, la rivoluzione della tv
Il 3 gennaio 1954, quando iniziarono le trasmissioni televisive ufficiali della RAI, in Italia esistevano 15 mila televisori, concentrati soprattutto a Torino e Milano. Il prezzo di un apparecchio oscillava tra 160 mila lire (il costo di una moto) e 1 milione e 300 mila lire, in un Paese in cui il reddito medio pro capite annuo era di 258 mila lire. Il primo canone di abbonamento venne fissato a 12.550 lire, ed era allora il più alto d’Europa. Le previsioni di sviluppo di questo mezzo, secondo il parere di quasi tutti gli esperti, erano molto scarse.

Cinque anni dopo, nel 1959, la tv era seguita stabilmente da oltre 20 milioni di persone, tra case private (circa un milione di apparecchi) e locali pubblici. Il resto è storia che ben conosciamo. In questi 50 anni la Rai ha trainato lo sviluppo del sistema televisivo del nostro Paese, sia dal punto di vista tecnologico (dall’avvento del colore fino ai primi studi mondiali sulla tv digitale, realizzati proprio nel Centro Ricerche Rai di Torino), sia dal punto di vista culturale e sociale, ridisegnando la mappa dell’informazione, della cultura, dell’intrattenimento degli italiani. E – quel che forse più conta – la Rai, in quanto servizio pubblico, ha fatto sì che questo sviluppo toccasse progressivamente tutte le fasce della popolazione e tutte le zone dell’Italia, non soltanto quelle più ricche e redditizie cui naturalmente si rivolgono, in ogni Paese, gli operatori commerciali.

La storia della “prima generazione” televisiva – quella della tv analogica, che ci ha accompagnato per tutto questo mezzo secolo – può illuminare le sfide che ci attendono ora con lo sviluppo della “seconda generazione” televisiva: quella della tv digitale. Dove ritroviamo le stesse incertezze e gli stessi scetticismi, ma anche gli stessi obiettivi fondamentali di modernizzazione del Sistema Paese, pur in uno scenario che, cinquant’anni fa, sarebbe apparso “fantascientifico”.

Le trasmissioni ufficiali della Rai iniziano alle ore 11 di domenica 3 gennaio 1954. Si inaugurano i centri di trasmissione di Milano, di Torino e di Roma e la prima edizione del telegiornale è interamente dedicata a questo evento. Il telegiornale viene letto dagli studi di Milano da Furio Caccia e dagli studi di Roma da Riccardo Paladini.

I primi esperimenti di trasmissione delle immagini erano stati avviati dall'EIAR nel 1929, ma la vera attività di sperimentazione tecnica iniziò presso la Rai di Torino nel 1949. Ci furono circa due anni di trasmissioni sperimentali quotidiane, dal settembre del 1952 fino al fatidico 3 gennaio 1954.

Nel 1954 il presidente della RAI era Cristiano Ridomi. L'annuncio dell'inizio delle trasmissioni da Milano è di Fulvia Colombo e il primo annuncio da Roma di Nicoletta Orsomando. Il primo programma va in onda alle 14,30 ed è "Arrivi e partenze", condotto da Mike Bongiorno, regia di Antonello Falqui.

Segue l'intrattenimento de l'"Orchestra delle 15" con Febo Conti, e in serata la prosa, l'"Osteria della posta" di Goldoni, regia di Franco Enriquez, con Isa Barzizza.

BOOM ESPLODE LA TV

Quando l' oggetto televisore nasce nel salotto degli Italiani si tentò innanzitutto di mimetizzarlo, ma poi diventerà troppo importante e centrale per essere nascosto tra gli altri mobili.

Tale era la magia delle parole da guardare che era necessario entrare nelle case in maniera rassicurante. Bastava una tenda per traguardare la luce per creare un ' atmosfera, o una finta libreria con la carta geografica per far capire che si davano notizie dal mondo.

Anche se non alla portata di tutti, la tv degli inizi era costellata da una serie di stereotipi riconoscibili al grande pubblico. C' era la mamma, il papà, il professore, il frate, la bellona...

Da quel giorno ha fatto passi da gigante, ed è oggi per tutti i cittadini il più potente mezzo di rapida informazione che mai si potesse sperare

 

 

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