Il divieto di fumo nei locali

12/01/05

Si può fumare praticamente solo all'aperto
Dal 10/01, stop al fumo.

A qualche giorno dall'entrata in vigore della legge, diamo un'occhiata ad alcune disposizioni legislative, alle interpretazioni del Ministero della Sanità, ad alcune domande e risposte sui quesiti più comuni e vediamo come deve essere il cartello (ad oggi, molti cartelli esposti sono errati, anche a Gaggiano).

 

 

Legge 16 gennaio 2003, n. 3

"Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 Gennaio 2003 - Supplemento Ordinario n. 5

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Art. 51.

(Tutela della salute dei non fumatori)

    1. È vietato fumare nei locali chiusi, ad eccezione di:

        a) quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico;

        b) quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati.

    2. Gli esercizi e i luoghi di lavoro di cui al comma 1, lettera b), devono essere dotati di impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria regolarmente funzionanti. Al fine di garantire i livelli essenziali del diritto alla salute, le caratteristiche tecniche degli impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria sono definite, entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute. Con lo stesso regolamento sono definiti i locali riservati ai fumatori nonchè i modelli dei cartelli connessi all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

    3. Negli esercizi di ristorazione, ai sensi del comma 1, lettera b), devono essere adibiti ai non fumatori uno o più locali di superficie prevalente rispetto alla superficie complessiva di somministrazione dell’esercizio.
    4. Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute, possono essere individuati eventuali ulteriori luoghi chiusi nei quali sia consentito fumare, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3. Tale regolamento deve prevedere che in tutte le strutture in cui le persone sono costrette a soggiornare non volontariamente devono essere previsti locali adibiti ai fumatori.
    5. Alle infrazioni al divieto previsto dal presente articolo si applicano le sanzioni di cui all’articolo 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584, come sostituito dall’articolo 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
    6. Al fine di consentire una adeguata attività di informazione, da attivare d’intesa con le organizzazioni di categoria più rappresentative, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, primo periodo, 3 e 5 entrano in vigore decorso un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2.
    7. Entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno, sono ridefinite le procedure per l’accertamento delle infrazioni, la relativa modulistica per il rilievo delle sanzioni nonchè l’individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali, di quelli competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni accertate ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e di quelli deputati a irrogare le relative sanzioni.
    8. Le disposizioni di cui al presente articolo non comportano maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
    9. Rimangono in vigore, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 della legge 11 novembre 1975, n. 584.
    10. Restano ferme le disposizioni che disciplinano il divieto di fumo nei locali delle pubbliche amministrazioni.

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Ministero della Salute

Circolare 17 dicembre 2004

Indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti all'entrata in vigore dell'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori


Nell'approssimarsi della data di piena entrata in vigore delle prescrizioni dell'art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori - prevista per il 10 gennaio 2005 ex art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266 – si ritiene proficuo, con la presente, fornire alcuni chiarimenti e utili indicazioni sulla portata ampiamente innovativa di dette disposizioni.

1. Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dai provvedimenti di seguito cronologicamente elencati:

a. legge n. 584 dell'11 novembre 1975 (in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1975, n. 322);
b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995 (in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1996, n. 11);
c. art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2001, n. 301);
d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003, n. 15);
e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003;
f. decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2003, n. 300);
g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.

2. La normativa sopra richiamata - e, in particolare, l'art. 51 della legge n. 3/2003 - persegue il fine primario della «tutela della salute dei non fumatori», con l'obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola, limitata esclusione delle eccezioni espressamente previste.
Il fumo di tabacco è la più importante causa di morte prematura e prevenibile in Italia e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale; ecco perché la prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dalla esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell'U.E.
La nuova normativa si inserisce in questa visione strategica e per questo si rende necessario garantire il rispetto delle norme di divieto e il sanzionamento delle relative infrazioni.
Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma anche in tutti quelli privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti. Tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti in quanto «utenti» dei locali nell'ambito dei quali prestano la loro attività lavorativa. E' infatti interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo.
In forza di detto generalizzato divieto, la realizzazione di aree per fumatori non rappresenta affatto un obbligo, ma una facoltà, riservata ai pubblici esercizi e ai luoghi di lavoro che qualora ritengano opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.

3. Per ciò che concerne l'ambito oggettivo di applicazione della norma, essa applica il divieto di fumo a tutti i locali chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico. Per quelli pubblici, poi, il comma 10 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 mantiene immodificate le attuali disposizioni in materia, restando così confermato il divieto totale di fumo in scuole, ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli di proprietà dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche. Le nuove prescrizioni del citato art. 51 «tutela della salute dei non fumatori» della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, sono inoltre applicabili e vincolanti per la generalità dei «locali chiusi» privati aperti ad utenti o al pubblico, di cui al comma 1 del medesimo articolo, ivi compresi, oltre a bar e ristoranti, circoli privati e tutti i locali di intrattenimento, come le discoteche, e quelli ad essi assimilati, come le palestre, le sale corse, le sale gioco, le sale video games, le sale Bingo, i cinema multisala, i teatri, salva solo la facoltà di attrezzare a norma aree riservate a fumatori. Resta fermo che, considerata la libera accessibilità a tutti i locali di fumatori e non fumatori, la possibilità di fumare non può essere consentita se non in spazi di inferiore dimensione attrezzati all'interno dei locali, proprio per la definizione «riservati ai fumatori» utilizzata al comma 1b dell'art. 51 della legge n. 3/2003.

4. Per quanto concerne specificamente le responsabilità che gravano sui gestori degli esercizi pubblici, l'art. 7 della legge n. 584/1975, come espressamente disposto dal comma 5 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, è stato sostituito dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 che prevede un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro cui spetta, in base all'art. 2 della legge n. 584/1975, di curare l'osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito.
A tale riguardo e per comprendere esattamente la portata della norma, deve essere richiamato l'art. 4, lettera c), della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995, il quale prevede testualmente: «Per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all'osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689».
Al riguardo si precisa che sui soggetti responsabili della struttura o sui loro delegati ricadono gli obblighi di:

1) richiamare formalmente i trasgressori all'osservanza del divieto di fumare;
2) segnalare, in caso di inottemperanza al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori, ai pubblici ufficiali e agenti ai quali competono la contestazione della violazione del divieto e la conseguente redazione del verbale di contravvenzione.

Sarà loro cura anche esporre cartelli, come indicato nell'accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 16 dicembre 2004.
In presenza di violazioni a detta disposizione si applicano le misure sanzionatorie previste dall'art. 7, secondo comma, della legge 11 novembre 1975, n. 584, recante «Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico» con particolare riferimento all'art. 2 della medesima legge.

5. L'art. 2 della legge n. 584 dell'11 novembre 1975 inquadrato nel contesto organico della disciplina all'esame, porta ad escludere limitazioni agli obblighi dei gestori, i quali pertanto non sono tenuti soltanto alla materiale apposizione del cartello di divieto di fumo ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori osservando così gli adempimenti previsti dal richiamato art. 4, lettera c), della direttiva 14 dicembre 1995. Infatti, il tenore letterale del sopra citato art. 2, che recita testualmente «... curano l'osservanza del divieto ...», risulterebbe assolutamente privo di concreto significato pratico ove inteso nel senso di limitare gli obblighi dei gestori alla mera esposizione del cartello, poiché ciò non giustificherebbe in alcun modo la applicazione delle misure sanzionatorie, comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001. Inoltre, considerato che il comma 9 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 ha fra l'altro mantenuto in vigore anche l'art. 5 della citata legge n. 584/1975, qualora non siano osservati gli obblighi che ricadono sui gestori, il questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale.

6. Quanto alla previsione di aumenti degli importi delle sanzioni, misura contemplata nella legge finanziaria 2005, sembra sufficiente ricordare il principio che si debbono applicare le misure sanzionatorie vigenti al momento dell'accertamento della violazione: principio inequivoco, idoneo a superare qualsivoglia dubbio in subiecta materia, ivi compreso quello delle modalità di aggiornamento dei cartelli di divieto, posto che ogni presunta difficoltà al riguardo può essere agevolmente superata con l'apposizione, di semplici talloncini autoadesivi indicatori delle variazioni intervenute agli importi delle sanzioni.

7. Con l'accordo definito nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 16 dicembre 2004 è stata data attuazione al comma 7 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, ridefinendo in particolare le procedure per l'accertamento delle infrazioni e l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali. L'approvazione di tale accordo ha completato il quadro organico della disciplina di settore relativa al divieto di fumo.
Va precisato, in questo senso, che i dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e di agenzie pubbliche individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Resta inteso che, ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione.
Nei locali privati in cui si svolge comunque un servizio per conto dell'amministrazione pubblica sono invece tenuti a vigilare sul rispetto del divieto di fumare, ad accertare le infrazioni ed a contestare la violazione i soggetti cui spetta per legge, regolamento o disposizioni di autorità assicurare l'ordine interno dei locali.
Nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare i soggetti incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle infrazioni, come pure il personale dei corpi di polizia amministrativa locale, conformemente alle disposizioni vigenti, nonché le guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, su richiesta dei responsabili o di chiunque intenda far accertare infrazioni al divieto:

- vigilano sull'osservanza dell'applicazione del divieto;
- accertano le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
- redigono in triplice copia il verbale di contestazione, che deve dare atto dell'avvenuto richiamo da parte del responsabile della struttura o suo delegato e contenere - oltre agli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle modalità con le quali può avvenire il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta
- l'indicazione dell'autorità cui far pervenire scritti difensivi;
- notificano il verbale ovvero, quando non sia possibile provvedervi immediatamente, ne assicurano la notifica a mezzo posta (entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione), secondo la procedura prevista dalla legge 20 novembre 1982, n. 890.

Le indicazioni finora espresse, ovviamente, non pregiudicano la possibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, normalmente impegnati in altri compiti istituzionali di maggior rilievo, di svolgere tali attività di accertamento e di contestazione delle infrazioni di propria iniziativa ovvero nell'ambito dei servizi di cui sono incaricati, come previsto dall'art. 13, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nei locali privati, infine, i soggetti cui spetta vigilare sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi o nei collaboratori da essi formalmente delegati che, in base a quanto chiarito al punto 4 della presente circolare, richiamano i trasgressori all'osservanza del divieto e provvedono a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti pubblici incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle violazioni in precedenza indicati.
Fermi i chiarimenti e le indicazioni di cui sopra, corre l'obbligo di ribadire anche in questa sede che ogni eventuale, ulteriore dubbio che dovesse emergere dalla normativa sul divieto di fumare a tutela della salute dei non fumatori dovrà essere valutato alla luce del fondamentale principio cui e' informata tale disciplina, in base al quale «è proibito fumare in tutti i locali chiusi, ad eccezione delle abitazioni private e dei locali riservati ai fumatori se esistenti e purché dotati delle caratteristiche previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003».

Roma, 17 dicembre 2004

Il Ministro della Salute


 

DOMANDE E RISPOSTE
PRINCIPI GENERALI

 
Che cosa comporta l’applicazione della nuova legislazione in materia di fumo nei locali chiusi?  
  L’articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione” s’intitola: Tutela della salute dei non fumatori e definisce le misure che servono ad eliminare l’esposizione al fumo passivo nei luoghi di lavoro e locali pubblici chiusi. La legge ha esteso il divieto di fumo a tutti i locali chiusi, pubblici e privati, quindi anche a studi professionali, uffici privati, bar, ristoranti ed altri esercizi commerciali, stabilendo il principio che non fumare, nei locali chiusi, è la regola. Fumare, nei locali chiusi, è l’eccezione: oltre che nelle residenze private, si può fumare unicamente in locali riservati ai fumatori. Questi ultimi devono essere dotati di impianti, per la ventilazione ed il ricambio di aria, regolarmente funzionanti, aventi le caratteristiche tecniche fissate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.
Perché il Ministro ha introdotto queste misure restrittive?  
 

Il fumo di tabacco è la più importante causa di morte prematura, è prevenibile e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale. Il Ministero della Salute stima che in Italia avvengano ogni anno più di 80.000 decessi attribuibili al fumo.

 

Cause di Morte

Maschi

Femmine

Totale

Cancro

31.365

4.504

35.869

Cardiovascolari

22.028

7.187

29.215

Respiratorie

12.220

4.551

16.771

Totale

65.613

16.242

81.855

 

Al fumo passivo sono attribuibili, nei lattanti, decessi per morte improvvisa, malattie respiratorie acute; nei bambini: asma bronchiale, sintomi respiratori cronici ed otite acuta; negli adulti: tumore polmonare, infarto del miocardio ed ictus cerebrale. La prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce un obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell’Unione Europea.
Questa legge è contro i fumatori? Quali sono i diritti dei fumatori?  
  La legge non è contro i fumatori, ma contro il fumo che rappresenta il principale inquinante dell'aria negli ambienti chiusi ed è cancerogeno per l’uomo. La legge intende tutelare la salute dei non fumatori, non mira a far smettere di fumare: i fumatori sono tenuti a dilazionare il loro desiderio e fumare all’aperto oppure in locali idonei.
E’ vero che in Italia, quasi tutti gli adulti fumano?  
  Secondo l’ISTAT (Indagine multiscopo sulle famiglie, Aspetti della vita quotidiana), nel 2003, in Italia, le persone che hanno dichiarato di fumare erano, il 24% della popolazione, sopra i 14 anni. L’abitudine al fumo è più frequente tra gli uomini (31%) rispetto alle donne (17%). L’abitudine è più frequente tra i giovani e gli adulti, con un massimo tra gli uomini dai 25 ai 34 anni (39%) e le donne dai 35 ai 44 anni (25%). La prevalenza dei fumatori è progressivamente in calo dagli ultimi venti anni.

DOVE SI APPLICA IL DIVIETO
 
Dove si applica questo divieto?  
  Il divieto di fumo trova applicazione in tutti i locali chiusi, pubblici e privati, escluso le residenze private e i locali idonei per i fumatori. Questo vale, tra gli altri, per: scuole, ospedali, uffici della Pubblica Amministrazione, autoveicoli di proprietà dello Stato, di Enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, sale di lettura, musei, pinacoteche, bar, ristoranti, circoli privati, discoteche, palestre, sale corse, sale gioco, sale video game, sale Bingo, i cinema multisala, i teatri. Il divieto di fumare si applica anche negli studi professionali e negli uffici aperti unicamente ad utenza interna, come, tipicamente, alcuni uffici bancari o l’ufficio di ragioneria di un’azienda.
Cosa si intende per “esercizi di ristorazione”?  
  La dizione esercizi di ristorazione, adottata dal Parlamento, nella realtà e negli intenti perseguiti dalla legge 3/2003 comprende integralmente tutti gli esercizi di pubblico ristoro (quindi non solo quelli definiti dall’art. 5, comma 1, lettera a della legge 25 agosto 1991, n. 287).
Il divieto di fumo si applica anche negli studi professionali, come ad esempio quello di un avvocato, un medico, ecc.  
  Sì, il divieto di fumo trova applicazione in tutti i locali chiusi dei luoghi di lavoro pubblici e privati. Agli studi professionali accede una clientela o utenza la cui salute è tutelata dalla legge contro il fumo passivo.
Il divieto si applica negli uffici generalmente non aperti ad utenti esterni, come ad esempio il back office di una banca, la ragioneria di un’azienda sanitaria?  
  Sì, il divieto di fumo trova applicazione anche in questi locali in quanto ad essi accedono altri lavoratori che costituiscono l’utenza interna di tali uffici.
Il divieto si applica ad un’azienda di produzione come ad esempio un’azienda che produce maglie oppure scarpe? Non c’è già la Legge 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro?  
  Sì, il divieto di fumo trova applicazione in tutti i locali chiusi dei luoghi di lavoro pubblici e privati, quindi anche nelle aziende di produzione. In alcune di esse il divieto di fumare è imposto anche dal tipo di lavorazione, quando c’è un rischio di incendio perché si lavora con materiale infiammabile. Il Decreto Legislativo 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro obbliga il datore di lavoro ad attivarsi per la tutela della salute dei lavoratori. L’articolo 4 comma 1 (modificato dalla L. 39/2002 art. 21 c. 2) estende l’obbligo a tutti i rischi, incluso il fumo di sigarette che è cancerogeno. Tuttavia la norma non fa riferimento esplicito al fumo di sigaretta e non introduce il divieto di fumare in tutti i luoghi di lavoro, e ciò ha generato conflittualità e ricorso ai tribunali. Tra le diverse sentenze, bisogna segnalare quella della Corte Costituzionale del 11 Dicembre 1996 n. 339 che ha affermato due principi: a) il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare i dipendenti dal fumo passivo; b) il diritto alla salute prevale sul libero comportamento di fumare.
Il divieto si applica nei club privati o circoli privati, come ad esempio circolo dei cacciatori, club per giocatori di bridge ecc.?  
  Sì, il divieto di fumo, ispirato al principio della “tutela della salute dei non fumatori” nella prospettiva generale di salvaguardia della salute pubblica, si applica anche ai locali chiusi dei “circoli privati” per l’indubbia esigenza di garantire negli stessi locali la tutela della salute dei soci e degli utenti non fumatori, nella cui accezione devono essere compresi anche i soggetti “utenti” dei locali e delle attrezzature in quanto ivi prestano la propria attività lavorativa. E’ prevista, tuttavia, anche per i circoli privati la possibilità di attrezzare locali riservati ai fumatori, provvisti obbligatoriamente degli impianti di ventilazione e ricambio d’aria di cui al DPCM del 23 dicembre 2003.
Il divieto si applica a tutti i locali delle scuole? Anche alla sala degli insegnanti?  
  Sì, il divieto di fumo trova applicazione in tutti i locali chiusi, pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico. Secondo l’indagine periodica della Doxa, In Italia, più della metà dei fumatori o ex fumatori (il 55% del totale) ha iniziato a fumare prima dei 18 anni, cioè in età scolare, per cui il mondo della scuola è quello in cui l’applicazione del divieto può produrre un maggiore beneficio.
Il divieto si applica anche negli alberghi? In quali spazi?  
  Negli alberghi, pensioni, ecc, il divieto si applica in tutti gli spazi comuni (reception, bar, sale da pranzo, salotti, ecc.). Le camere possono essere assimilate alle private abitazioni, ma possono essere previste camere per fumatori e per non fumatori secondo le preferenze dei clienti.
E’ vietato fumare negli spazi comuni dei condomini?  
  Il divieto si applica in tutti gli spazi comuni chiusi, come le scale, l’ascensore ecc. Solo le private abitazioni ed i luoghi all’aperto sono esenti dal divieto.
I centri commerciali sono compresi?  
  Sì, il divieto trova applicazione anche nei centri commerciali, tranne che negli spazi all’aperto e in aree e locali idonei per i fumatori.
Si potrà fumare nei concerti all’aria aperta, per strada?  
  Il divieto di fumare si applica in tutti i locali chiusi. Pertanto si potrà fumare in tutti i luoghi all’aria aperta, compreso i tipici concerti all’aria aperta frequentati da amanti della musica.
Si può fumare sui balconi?  
  Si può fumare in tutti i luoghi all’aria aperta, compreso i balconi. Tuttavia, da tali spazi il fumo si diffonde facilmente anche all’interno dei locali in cui vige il divieto. Nei luoghi di lavoro, inoltre, motivi di sicurezza fanno ritenere preferibile consentire ai dipendenti di recarsi all’esterno dell’edificio, durante pause di lavoro concordate, per fumare, oppure in locali per fumatori, dotati di adeguati sistemi di ventilazione.

REGOLE SUGLI SPAZI PER FUMATORI
 
E' obbligatorio realizzare locali per fumatori?  
  In forza di questo generalizzato divieto la realizzazione di aree per non fumatori non rappresenta affatto un obbligo ma una facoltà, riservata ai pubblici esercizi e ai luoghi di lavoro che qualora ritengano opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal DPCM del 23 dicembre 2003. E’ chiaro che nel caso in cui il locale non sia adeguato alla norma è da intendersi come interamente destinato ai non fumatori.
Si possono creare esercizi pubblici (bar, ristoranti ecc.) o uffici riservati solo ai fumatori?  
  Non è prevista, dalla legge n. 3/2003, la creazione di pubblici esercizi o luoghi di lavoro – pubblici e/o privati interamente riservati ai fumatori, pur conformi a quanto previsto dal DPCM del 23 dicembre 2003, cioè dotati di impianti di ventilazione adeguati. Ciò in quanto la norma ha obiettivi di tutela della salute dei non fumatori ed in particolare dei lavoratori che per molte ore sono costretti a respirare aria inquinata.
La legge 584 del 1975 (art. 3) prevedeva per alcuni locali dotati in impianti di ventilazione, l’esenzione del divieto di fumo. Questi locali sono ancora in regola? E’ valida ancora l’esenzione dal divieto?  
  L’art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 non contempla la possibilità di attrezzare locali nei quali sia prevista la presenza contemporanea di persone che fumano e di non fumatori. La legge, infatti, mira espressamente a garantire un elevato livello di protezione dei cittadini dall’esposizione ad uno dei principali agenti inquinanti, nonché cancerogeno, degli ambienti chiusi, quale risulta essere il fumo dei prodotti del tabacco.
Non risultano, quindi, applicabili le previsioni dell’art. 3 della legge 584/1975, in quanto incompatibili con la legge n. 3/2003 né saranno possibili deroghe al divieto decorso l’anno dalla pubblicazione del DPCM del 23 dicembre 2003 relativo alla definizione dei requisiti tecnici delle aree per fumatori.
I locali che hanno ottenuto l’esenzione dal divieto, sulla base del D.M. del 18 maggio 1976, non sono più in regola e l’esenzione deve considerarsi revocata.
La legge 3/2003 consente solo la possibilità di creare, nell’ambito di una tipologia di struttura (luogo di lavoro pubblico e/o privato, bar, ristorante, esercizio commerciale, ecc.) di locali riservati ai soli fumatori adeguatamente separati dai locali contigui e aventi le caratteristiche previste dal DPCM 23 dicembre 2003, per tutelare la salute dei soggetti non fumatori che vi accedano per motivi di servizio (camerieri, ecc.) e dei fumatori stessi - che vivono una situazione di dipendenza dalla nicotina - dall’esposizione al fumo passivo.
Perché è stato ritenuto necessario individuare i requisiti tecnici delle aree per fumatori?  
  I requisiti tecnici delle aree per fumatori previsti dal DPCM del 23 dicembre 2003, condivisi da Stato e dalle Regioni, hanno l’obiettivo di tutelare la salute dei lavoratori che dovessero trovarsi in tali aree, limitando al massimo l’esposizione a sostanze cancerogene.
Come deve essere un locale per fumatori a norma?  
 

I locali riservati ai fumatori, di cui all’articolo 51, comma 1, lettera b) della legge 16 gennaio 2003, n. 3 devono essere contrassegnati come tali e realizzati in modo da risultare adeguatamente separati da altri ambienti limitrofi, dove è vietato fumare.
A tal fine i locali per fumatori devono rispettare i seguenti requisiti strutturali (DPCM 23 dicembre 2003):

  • essere delimitati da pareti a tutta altezza su quattro lati;
  • essere dotati di ingresso con porta a chiusura automatica, abitualmente in posizione di chiusura;
  • essere dotati di apposita segnaletica;
  • non rappresentare un locale di passaggio per i non fumatori;
  • essere dotati di idonei mezzi meccanici di ventilazione forzata. La portata d’aria supplementare minima da assicurare è pari a 30 litri/secondo per ogni persona che può essere ospitata, sulla base di un indice di affollamento pari allo 0,7 persone mq;
  • l’aria deve essere espulsa all’esterno attraverso idonei impianti e aperture funzionali;
  • all’ingresso dei locali è indicato il numero massimo di persone ammissibili, in base alla portata dell’impianto;
  • devono essere mantenuti in depressione non inferiore a 5 Pascal rispetto alle zone circostanti;
  • la superficie destinata ai fumatori negli esercizi di ristorazione deve essere inferiore alla metà della superficie complessiva di somministrazione dell’esercizio;
  • la progettazione, l’installazione, la manutenzione ed il collaudo dei sistemi di ventilazione devono essere conformi alle disposizioni legislative e regolamentari in tema di sicurezza e di risparmio energetico, come pure alle norme dell’Ente italiano di unificazione (UNI) e del comitato elettrotecnico italiano (CEI).
In un locale per fumatori, se si permette l’ingresso ad un numero ridotto di persone rispetto alla capienza del locale, si può ottenere una deroga per quanto riguarda i parametri previsti dalla normativa riguardo alla portata dell’impianto di ventilazione?  
  La portata dell’impianto di ventilazione dipende soltanto dall’ampiezza del locale, perciò non sono consentite deroghe nel caso di un minore affollamento del locale, la norma non distingue tra affollamento massimo o minimo.
I locali per fumatori possono avere superficie più ampia rispetto a quella dei locali in cui vige il divieto?  
  No, considerato lo spirito della legge, la possibilità di fumare può essere consentita solo in locali di inferiore dimensione rispetto a quelli nei quali si applica il divieto, attrezzati all’interno delle diverse strutture, proprio per la definizione “riservati ai fumatori’’ utilizzata al comma 1b dell’art. 51 della legge 3/2003. Ciò vale sia per gli esercizi di ristorazione, come espressamente previsto al comma 3 dell’art.51 della legge 3/2003, ma anche, e soprattutto, per i locali attrezzati nell’ambito dei luoghi di lavoro. Tali locali, infatti, devono essere intesi quali aree in cui i dipendenti si recano per fumare durante momenti di pausa dall’attività e nei quali non viene svolta attività lavorativa.
Sono previsti dei finanziamenti o delle agevolazioni economiche nel caso in cui si adegui il locale alla normativa vigente?  
  Non sono previste agevolazioni fiscali o maggiori oneri a carico dello Stato. Il motivo può essere ricercato nel fatto che non vi è obbligo di attrezzare un locale per fumatori.

COME SI APPLICA LA LEGGE: I CARTELLI
 
Cosa deve essere scritto sul cartello che informa del divieto?  
  Sul cartello vi deve essere la scritta “VIETATO FUMARE”, integrata dalle seguenti indicazioni:
  • La prescrizione di legge (art. 51 della Legge 3/2003)
  • Le sanzioni applicabili ai contravventori
  • I soggetti a cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto e quelli cui compete accertare le infrazioni.
In un ufficio, un ristorante, o azienda con più locali, bisogna apporre un cartello in ogni locale?  
  Basta un cartello completo con tutte le indicazioni, ben in vista all’ingresso e, negli altri locali, cartelli semplici con il solo richiamo al divieto di fumo.
Sono previste dalla legge le dimensioni minime e massime dei cartelli, i colori o la presenza di un logo?  
  No, la legge non stabilisce regole in tal senso. Il comma 7 del DPCM 23 dicembre 2003 precisa però che i cartelli devono essere adeguatamente visibili.
Come deve essere il cartello esposto nella sala fumatori?  
  I locali per fumatori sono contrassegnati da appositi cartelli, con l’indicazione luminosa contenente la scritta “AREA PER FUMATORI”.
Bisogna anche prevedere un cartello luminoso con la scritta: “VIETATO FUMARE PER GUASTO ALL’IMPIANTO DI VENTILAZIONE” che si accende in caso di mancato funzionamento dell’impianto di ventilazione.
Cosa deve essere scritto sul cartello in un ufficio pubblico?  
 

Esempio :


VIETATO FUMARE
Legge 16 gennaio 2003 n.3, art.51 “Tutela della salute dei non fumatori


I trasgressori sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di € 27,5 ad un massimo di € 275. La misura della sanzione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di una donna in evidente stato di gravidanza o in presenza di lattanti o bambini fino a dodici anni.

RESPONSABILE DELLA VIGILANZA SULL’OSSERVANZA DEL DIVIETO
SIG. …………..

AUTORITA’ COMPETENTI ALL’ACCERTAMENTO E CONTESTAZIONE:
RESPONSABILE DELLA VIGILANZA,
POLIZIA AMMINISTRATIVA, GUARDIE GIURATE, UFFICIALI E AGENTI DI POLIZIA GIUDIZIARIA


In questo cartello si rende noto che il responsabile della vigilanza, il Sig. Mario Rossi, può accertare e contestare l’infrazione. Ciò non è possibile nelle strutture private.
Per quanto riguarda le guardie giurate, l'attività di vigilanza, accertamento e contestazione dell'infrazione al divieto di fumo deve essere prevista dal contratto di lavoro stipulato.

Cosa deve essere scritto sul cartello in un ufficio privato?  
 

Esempio:


VIETATO FUMARE
Legge 16 gennaio 2003 n.3, art.51 “Tutela della salute dei non fumatori"

I trasgressori sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di € 27,5 ad un massimo di € 275. La misura della sanzione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di una donna in evidente stato di gravidanza o in presenza di lattanti o bambini fino a dodici anni.

RESPONSABILE DELLA VIGILANZA SULL’OSSERVANZA DEL DIVIETO
SIG. …............………..

AUTORITA’ COMPETENTI ALL’ACCERTAMENTO E CONTESTAZIONE:
POLIZIA AMMINISTRATIVA LOCALE, GUARDIE GIURATE, UFFICIALI E AGENTI DI POLIZIA GIUDIZIARIA


Per quanto riguarda le guardie giurate, l'attività di vigilanza, accertamento e contestazione dell'infrazione al divieto di fumo deve essere prevista dal contratto di lavoro stipulato.
Se in ufficio pubblico ci sono 50 stanze, in tutte le stanze deve esserci un cartello?  
  Nelle strutture con più locali, oltre al modello di cartello riportato, da situare nei luoghi di accesso o comunque di particolare evidenza, sono adottabili cartelli con la sola scritta “VIETATO FUMARE”

COME SI APPLICA LA LEGGE:OBBLIGHI E SANZIONI
 
Cosa posso fare se in un locale dove è previsto il divieto questo non viene rispettato?  
  Può rivolgersi all’addetto alla vigilanza (il cui nome deve essere indicato sul cartello di divieto) e chiedere il suo intervento. In caso di mancato intervento, di assenza della persona di riferimento si può chiedere l’intervento della polizia amministrativa locale (es. Vigili urbani) o di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (es. polizia, carabinieri, guardia di finanza, funzionario dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL) o delle guardie giurate della struttura adibite all’incarico.
Quali sono gli obblighi dei conduttori dei locali privati?  
  I conduttori dei locali privati (gestori, proprietari, direttori di struttura, ecc.) non sono tenuti solo ad informare la clientela, mediante i cartelli di divieto di fumo, ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori. Infatti, i conduttori, come prevede l’articolo 2 della legge n 584/1975 tuttora vigente: “…curano l’osservanza del divieto…”.
Il conduttore quindi non si limita ad apporre il cartello regolamentare e, se gli avventori non rispettano il divieto di fumo, evitano di preoccuparsene lasciando che l’aria all’interno del locale diventi irrespirabile. In questo caso, sarebbe soggetto a misure sanzionatorie, comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall’articolo 52, comma 20, della legge 448 del 28 dicembre 2001.
Il conduttore deve attenersi alla seguente norma riportata dall’articolo 4, lettera c) della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995: “Per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all’osservanza del divieto …”.
Nel caso le persone che fumano, richiamate al rispetto del divieto, continuano a fumare il conduttore farà in modo di segnalare l’infrazione ai pubblici ufficiali.
Se il conduttore tralascia di garantire la qualità dell’aria che si respira nel locale, consentendo alla clientela di fumare ed omettendo di segnalarlo, il Questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale (art. 5 della legge n. 584/1975).
Il proprietario del locale è responsabile di far rispettare il divieto o di fare sanzioni?  
  Nei locali privati i soggetti cui spetta vigilare sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi (es. proprietari o gestori, direttori di alberghi o ristoranti o esercizi commerciali) o nei collaboratori da essi formalmente delegati che hanno l’obbligo di richiamare i trasgressori all’osservanza del divieto e provvedono, se il trasgressore non smette di fumare, a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti pubblici incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle violazioni.
Chi applica le sanzioni nei locali privati?  
  Nei locali privati, in cui vige il divieto, il conduttore è tenuto ad avvertire chi fuma chiedendo di smettere e, se questi non smette, segnalare al personale dei Corpi di polizia amministrativa locale, al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Locale o a guardie giurate espressamente adibite a tale servizio.
Quindi l’accertamento, la contestazione e la verbalizzazione delle trasgressioni al divieto di fumo sono compito di soggetti pubblici ai quali l’infrazione è segnalata dal conduttore o da privati cittadini. Le sanzioni possono essere anche elevate da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, di propria iniziativa o nell’ambito dei servizi di cui sono incaricati.
E’ vero che c’è un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro cui spetta curare l’osservanza del divieto?  
  Bisogna applicare le misure sanzionatorie vigenti al momento dell’accertamento della violazione. Attualmente, le sanzioni sono comprese tra un minimo di 27,5 e un massimo di 275 euro per i trasgressori; tra un minimo di 220 e un massimo di 2200 euro per i responsabili che omettono di curare l’applicazione della Legge, a tutela della salute di tutti.
Se il conduttore lascia che nel locale si fumi liberamente, cosa può fare il cittadino?  
  Il cittadino può segnalare le infrazioni al personale dei Corpi di polizia amministrativa locale, al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Locale oppure ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.
Quali sono di fatto gli articoli della legge 11 novembre 1975, n. 584 tuttora vigenti in quanto compatibili con la nuova normativa?  
  Rimangono in vigore gli articoli 1-2-5-6-7-8- 9-10-11 negli aspetti compatibili con la legge 3 del 2003 e tenendo conto delle successive modificazioni relative ai procedimenti sanzionatori della legge 689 del 1981.
Chi fa le sanzioni nelle strutture pubbliche?  
  Nell’ambito delle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e di agenzie pubbliche, i dirigenti preposti individuano con atto formale i soggetti a cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Qualora non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione. Tuttavia, anche nelle strutture pubbliche le sanzioni possono essere elevate dal personale dei Corpi di polizia amministrativa locale, guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, oppure da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, di propria iniziativa o nell’ambito dei servizi di cui sono incaricati.
Che significa per le guardie giurate “espressamente adibite a tale servizio”?  
  Le guardie giurate possono essere incaricate della vigilanza, accertamento e contestazione dell’infrazione al divieto di fumo se ciò è previsto dal contratto di lavoro stipulato.
Come si paga la sanzione?  
  Come per le infrazioni al codice della strada, le modalità di pagamento dipendono dall’organo che eleva la sanzione. Nel caso di infrazione al divieto di fumare inflitte da organi statali (Polizia di Stato, Carabinieri, Dirigenti o incaricati della Pubblica Amministrazione ecc.) il pagamento delle sanzioni amministrative è effettuato:
  1. In banca o presso gli uffici postali, utilizzando il modello F23, codice tributo 131 T, e indicando la causale del versamento (Infrazione al divieto di fumo) ed il codice ufficio;
  2. Direttamente presso la tesoreria provinciale competente per territorio;
  3. presso gli uffici postali tramite bollettino di cono corrente postale intestato alla Tesoreria provinciale competente per territorio, indicando la causale del versamento (Infrazione al divieto di fumo).
Nel caso la sanzione sia elevata da vigili urbani, personale del Dipartimento di Prevenzione della Azienda Sanitaria o altri organi non statali, le modalità di pagamento sono disciplinate dalla Regione.
Le sanzioni possono essere incassate dall’Ente (scuole, uffici pubblici, Università, ecc.) presso il quale è stata contestata l’infrazione?  
  No. Le sanzioni sono pagate soltanto secondo le modalità precedentemente indicate in caso di infrazioni inflitte da organi statali o secondo modalità disciplinate da normative regionali se inflitte da organi non statali.

LUOGHI DI LAVORO
 
Non esiste già il divieto sui luoghi di lavoro?  
  Il divieto di fumare, con la precedente legislazione, trovava applicazione solo nei luoghi di lavoro pubblici aperti al pubblico e nei luoghi specificamente indicati nella Legge 11 novembre 1975 n. 584. L’art. 51 della legge 12 gennaio 2003, n. 3 estende il divieto anche a tutti i luoghi di lavoro privati ed agli esercizi commerciali.
Il Decreto Legislativo 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro obbliga il datore di lavoro ad attivarsi per la tutela della salute dei lavoratori. L’articolo 4 comma 1 (modificato dalla L. 39/2002 art. 21 c. 2) estende l’obbligo a tutti i rischi incluso il fumo di sigarette che è cancerogeno. Tuttavia la norma non fa riferimento esplicito al fumo di sigaretta e non introduce il divieto di fumare in tutti i luoghi di lavoro, e ciò ha generato conflittualità e ricorso ai tribunali.
Tra le diverse sentenze, bisogna segnalare quella della Corte Costituzionale del 11 Dicembre 1996 n. 339 che ha affermato due principi: a) il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare i dipendenti dal fumo passivo; b) il diritto alla salute prevale sul libero comportamento di fumare.
Cosa si intende per utenti?  
  Il termine “utenti” (comma 1, lettera a) nella accezione della legge si riferisce oltre che al pubblico, anche agli stessi lavoratori dipendenti, in quanto “utenti” delle attrezzature e dei locali nei quali prestano la loro attività lavorativa e la cui salute deve essere comunque tutelata dall’esposizione al fumo passivo.
Il divieto si applica solo nei locali in cui soggiornano più persone?  
  No, il divieto si applica anche nella stanza in cui lavora solo un dipendente, in quanto il fumo si diffonde negli ambienti circostanti e altri dipendenti possono accedere alla stanza.
Inoltre, sono sempre compresi tutti i locali comuni, le vie di accesso (scale, ascensori, atri) ed i servizi igienici. Sono esclusi unicamente gli spazi comuni aperti, come cortili o terrazzi.
I miei colleghi fumatori ora avranno più pause lavorative di me che non fumo?  
  Le pause dal lavoro sono contrattate con il datore di lavoro. E’ opportuno tuttavia ricordare che la legge mira a tutelare i non fumatori dal fumo passivo e che, d’altra parte, i fumatori vivono una condizione di dipendenza dalla nicotina e quindi una effettiva difficoltà ad astenersi dal fumo per molte ore. Rispetto reciproco e tolleranza sono gli strumenti giusti per affrontare e risolvere senza conflitti le esigenze di tutti nel rispetto della legge e nell’interesse della salute collettiva.
Che mezzi ci sono per supportare le persone e incoraggiarle a smettere di fumare?  
  La legge rappresenta uno strumento di efficacia dimostrata per la tutela della salute dei non fumatori. Secondo l’esperienza di paesi in cui il divieto è già da tempo applicato, esso si è anche mostrato efficace nel ridurre il numero delle sigarette fumate quotidianamente e nell’indurre alcuni fumatori a smettere. Il Servizio Sanitario Nazionale offre inoltre la possibilità di rivolgersi in ogni Regione a centri di disassuefazione dal fumo il cui elenco è disponibile sul portale del Ministero della Salute o sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità o telefonando al numero verde dell'ISS 800-554088.
Il divieto di fumo danneggia gli affari dei ristoranti, dei bar?  
  Dove le leggi sul divieto sono state applicate, si è osservato che non è diminuito il giro d’affari, ad esempio, in California, secondo i rapporti del California Board of Equalization, i divieti imposti nel 1995 nei ristoranti e, successivamente estesi ai bar, non hanno provocato una riduzione del giro di affari.

FUMO PASSIVO
 
Che cosa si intende per esposizione al fumo passivo?  
  Si parla di esposizione a fumo passivo quando, involontariamente, una persona respira il fumo di tabacco consumato da altri. In questo caso il non fumatore respira il fumo prodotto dalla combustione della sigaretta più quello che è stato prima inalato e successivamente espirato dai fumatori. Un’altra denominazione di uso comune per riferirisi al fumo passivo è: Esposizione a Fumo di Tabacco Ambientale (Enviromental Tabacco Smoke - ETS).
Il fumo di tabacco negli ambienti chiusi è pericoloso per la salute?  
  Il fumo di tabacco contiene più di 4000 sostanze chimiche, alcune delle quali dotate di marcate proprietà irritanti ed altre, circa 60, che sono sostanze sospettate o riconosciute cancerogene, cioè sostanze che causano il cancro. Secondo la Commissione Tecnico Scientifica istituita dal Ministero della Salute sull’inquinamento dell’aria nei i locali chiusi (cosiddetto inquinamento indoor), Il fumo passivo è la principale fonte di inquinamento dell’aria negli ambienti confinati. Questa conclusione è stata fatta propria dal Ministero della Salute e dalle Regioni Italiane nell’accordo sulle Linee Guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati.
Quali sono i danni per la salute provocati dal fumo di tabacco negli ambienti chiusi ?  
  Secondo l’auorevole Agenzia per la Protezione Ambientale della California 1997 i danni dipendono dal periodo della vita in cui si verifica l’esposizione. Se l’esposizione avviene nella vita fetale, aumenta il rischio di basso peso alla nascita e morte improvvisa del lattante; se l’esposizione avviene nell’età infantile aumentano i rischi di avere otite media, asma, bronchiti e polmoniti; nell’età adulta, aumenta il rischio di infarto del miocardio, ictus cerebrale, cancro del polmone e cancro del naso. Ciò è stato accertato. Si sospetta che i non fumatori esposti al fumo passivo, abbiano maggiori rischi di aborto spontaneo, difficoltà di apprendimento, meningiti, leucemia. Gli studi su questio rischi non hanno consentito fino ad ora di dare giudizi definitivi.

Specifici Rischi per la Salute derivati dall'Esposizione a Fumo Passivo


Nascita e Prima Infanzia Bambini Adulti Possibile Fattore di Rischio per:
Basso peso alla nascita Otite media   Malattie Ischemiche Cardiache Aborto Spontaneo  
Morte Improvvisa del Lattante (SIDS) Asma: induzione ed esacerbazione Ictus Impatto sull'apprendimento dei bambini
  Bronchite: induzione ed esacerbazione Cancro del Polmone Infezioni Meningococciche nei bambini
  Polmonite: induzione ed esacerbazione Cancro Nasale Cancro e leucemia nei bambini
Esacerbazione Asma in adulti
      Esacerbazione di fibrosi cistica
      Ridotta funzionalità respiratoria
      Cancro della cervice uterina
Quanto aumenta il rischio di cancro del polmone per i non fumatori esposti a fumo passivo ?  
  Sono stati condotti oltre 50 studi per verificare e stimare quanto fosse grande l’associazione tra fumo passivo e rischio di cancro del polmone nei non fumatori. Dall’insieme dei risultati scientifici emerge che esiste un eccesso di rischio di cancro del polmone:
  • tra i non fumatori che vivono con fumatori, l’eccesso di rischio è attorno al 20% per le donne ed al 30% per gli uomini.
  • Tra i non fumatori esposti a fumo passivo sul lavoro l’aumento del rischio è 16% - 19%.
Il rischio per un non fumatore di sviluppare cancro del polmone aumenta con gli anni di esposizione e il numero di sigarette fumate dal convivente fumatore.
Quanto aumenta il rischio cardiovascolare per i non fumatori esposti a fumo passivo ?  
  Il rischio cardiovascolare è la probabilità di avere una malattia coronarica (un infarto del miocardio o un’ischemia cardiaca) o una malattia a carico di altre arterie, principalmente quelle cerebrali, che provocano l’ictus cerebrale.
L’esposizione a fumo passivo aumenta il rischio di malattie cardiache nei non fumatori. L’eccesso di rischio di infarto del miocardio è tra il 20 e il 30% rispetto a non fumatori non esposti. Il rischio di malattie cardiache nelle persone esposte pesantemente al fumo passivo è sovrapponibile a quello dei fumatori da 1 a 9 sigarette al giorno.
L’eccesso di rischio di ictus cerebrale, dovuto al fumo passivo, è decisamente più elevato potendo raggiungere l’80%. Diversamente dal rischio di cancro del polmone, questo rischio non aumenta in proporzione all’entità ed alla durata dell’esposizione: anche un’esposizione a fumo passivo di lieve entità può avere un effetto importante sul cuore ed ulteriori esposizioni hanno effetti aggiuntivi relativamente modesti. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’esposizione al fumo passivo provoca aggregazione piastrinica, una specie di addensamento del sangue: è stato mostrato che solo mezz’ora di esposizione a fumo passivo è sufficiente per avere una reazione nelle cellule che rivestono le arterie coronariche che fa avvicinare le pareti delle coronarie e ridurre il deflusso del sangue.
Il Fumo Passivo provoca malattie respiratorie?  
  Gli adulti esposti a fumo passivo a casa o sul luogo di lavoro hanno un rischio di asma bronchiale aumentato del 40-60% in confronto con adulti non esposti.
Quali effetti ha il Fumo passivo sui bambini?  
 
  • Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha analizzato i risultati di oltre 40 studi sull’impatto del fumo dei genitori sulle malattie delle basse vie respiratorie dei bambini, i figli di madri fumatrici hanno un eccesso di rischio del 70% di avere malattie delle basse vie respiratorie rispetto ai bambini figli di madri non fumatrici.
  • Il fumo materno durante la gravidanza è la principale causa di morte improvvisa del lattante (sudden infant death sindrome, SIDS) e di altri effetti sulla salute, incluso il basso peso alla nascita e ridotta funzionalità respiratoria.
  • L’asma, la malattia cronica più comune nei bambini, è più frequente tra i bambini i cui genitori fumano. Il fumo passivo è un fattore di rischio per l’induzione di nuovi casi di asma e provoca esacerbazioni dell’asma in bambini con malattia stabilizzata.
  • L’esposizione a fumo passivo nell’infanzia è anche associata con otite media acuta e cronica: un eccesso di rischio che va dal 20% di alcuni studi al 40% di altri.
Quanti bambini sono esposti al fumo passivo in Italia?  
  Uno studio effettuato in Italia nel 2002, , ha stimato che il 52% dei bambini nel secondo anno di vita è abitualmente esposto al fumo passivo. Il 38% degli esposti ha almeno un genitore che fuma in casa. Secondo l’ISTAT, che ha fornito i dati relativi all’esposizione al fumo nelle famiglie italiane nel 1999, il 49% dei neonati e dei bambini fino a 5 anni hanno almeno un genitore fumatore e il 12% hanno entrambi i genitori fumatori. Circa un neonato su 5 ha una madre fumatrice.
Quanti adulti sono esposti al fumo passivo in casa? E sul lavoro?  
  Secondo l’ISTAT, nel 1999, gli italiani che vivevano con fumatori erano il 26,5%. Si stima che la quota di persone esposte al fumo passivo sul lavoro sia pari al 27,5%.
I divieti di fumare nei locali chiusi sono capaci di ridurre l’esposizione al fumo passivo? Perché il Ministro della Salute si è tanto impegnato per questa legge?  
  Contrastare la diffusione del fumo di sigarette, la principale minaccia per la salute degli Italiani, è difficile: le pressioni sociali a fumare nell’adolescenza sono molto forti e, una volta acquisita la dipendenza dalla nicotina, smettere è difficile e la maggior parte dei fumatori riesce a smettere solo dopo un calvario di tentativi infruttuosi e deprimenti.
Un rapporto speciale comparso sulla più autorevole rivista medica internazionale, il New England Journal of Medicine (Schroeder SA. Tobacco Control in the Wake of the 1998 Master Settlement Agreement. N Engl J Med 2004. 350;3: 293-301) ha preso in esame l’efficacia degli interventi per la riduzione dell’esposizione al fumo e al fumo passivo. Il rapporto ha concluso che i divieti e le limitazioni del fumo nei luoghi di lavoro e nei locali aperti al pubblico, tramite leggi e regolamenti, sono fortemente raccomandata in quanto si è dimostrata capace di ridurre l’esposizione al fumo passivo ed il numero di sigarette fumate quotidianamente dai fumatori.
Evitare di respirare aria inquinata nei luoghi chiusi è il fine della normativa entrata pienamente in vigore il 10 Gennaio 2005, che renderà pulita l’aria che respireremo nei locali chiusi: uffici, banche, ristoranti, bar.
Questo divieto non obbliga i fumatori all’astinenza e non è quindi contro i fumatori, ma fa prevalere il diritto alla salute dei non fumatori sull’impellenza del desiderio dei fumatori.
L’impegno a farlo rispettare aumenterà il grado di civiltà dell’intera comunità nazionale.

 

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